A talk with Gianluigi Ricuperati
Sei scrittore, saggista e curatore, un’interdisciplinarità che emerge da tutti i tuoi progetti. In che modo comunicano tra loro queste attività? A quale ti senti più legato?
Coincido con me stesso quando scrivo. Ma al contempo sento che scrivere non basta, in questo tempo – o per lo meno nel mio. Quindi potrei rispondere che mi sento legato, annodato proprio, alla felicità senza ragionevolezza del momento in cui un’idea compare all’orizzonte della mente. E quest’idea potrà prendere diverse forme. La forma che le contiene tutte, comunque, è sempre un libro. Il mondo finisce e inizia nel libro, diceva qualcuno, no?
La contaminazione reciproca tra discipline, anche apparentemente molto diverse tra loro, è diventata ormai una prerogativa delle attività artistiche e creative. Quali sono i vantaggi di questo tipo di approccio?
Quando ero ragazzino, all’università, al liceo, negli anni novanta, non era così diffuso, ma già allora sentivo come un destino obbligato la vocazione a incuriosirsi di tutto e a trovare corrispondenze concettuali profonde tra differenti codici di espressione. Musica, architettura, poesia, azione. Ci sono rispecchiamenti, metodologie, rime nascoste, semi invisibili.
Alla luce di questa riflessione, pensi sia possibile dare una definizione univoca di arte?
L’arte è un processo di veglia immerso nei privilegi del sogno – e della collaborazione.
Hai recentemente inaugurato Faust, uno spazio a metà strada tra museo e libreria dove le persone possono rifugiarsi fino all’alba, prendere un caffè e chiacchierare, proprio come in un vecchio café letterarie. Un progetto inusuale e, in un certo senso, poetico. Come si è evoluto e come è stato accolto dai cittadini di Torino?
Faust sta diventando una emittente di contenuti attraverso vari canali. E naturalmente continuerà a ospitare le nottate, e a espandersi e spuntare come un fungo in vari contesti: camere d’albergo, programmi radio, eventi di marketing, libri. I cittadini più curiosi hanno risposto con grande affetto. Faust – il negozio – attrae persone speciali.
Cosa prevede il programma?
Incontri, dialoghi, concerti, proiezioni, discussioni, performance, mostre, o semplicemente il condiviso scorrere del tempo liberato.
L’arte è un processo di veglia immerso nei privilegi del sogno – e della collaborazione.
Sei stato direttore creativo di Domus Academy, una fucina di giovani talenti a cui trasmettere stimoli e da cui essere stimolati. In che modo può contribuire la nuova generazione di creativi a rilanciare l’arte in Italia?
Credo che se c’è un posto dove è imperativo progettare sia proprio l’Italia.
Stai lavorando a qualcosa di nuovo in questo periodo?
Un libro, per esempio. Ma anche un catalogo di Faust Editions. E tante altre cose più o meno urgenti. Ora sono in viaggio verso Tokyo, ascoltando al buio della notte aerea Roland Kirk e la sua ‘Inflated Tear’.
Hai familiarità con Mutina? Quale aspetto preferisci della nostra azienda?
Adoro l’attitudine di Mutina. Adoro i suoi prodotti. Vorrei che questo aereo fosse ricoperto da piastrelle Mutina. Credo che l’azienda sia un esempio per tanti imprenditori: un’impresa che fa cultura e produce bellezza in modo contemporaneo.
Qual è il tuo progetto preferito? Perché?
Mi piace moltissimo Accents, il nuovo progetto con le 34 installazioni. Mi sembra un museo della vita.
Se dovessi associarlo a un romanzo, quale sarebbe?
La vita, istruzioni per l’uso – Georges Perec, 1978.
Incontri, dialoghi, concerti, proiezioni, discussioni, performance, mostre, o semplicemente il condiviso scorrere del tempo liberato.