A talk with Ginevra Bocini
Bitossi rappresenta un’istituzione nel mondo della manifattura ceramica italiana. Ci racconti le tappe fondamentali della sua storia?
Gli studi e le indagini storiche sulle origini di Bitossi risalgono addirittura al 1536, quando vengono censiti dal Podestà della comunità di Artimino, un piccolo borgo medievale sulla sponda del fiume Arno. Nella genealogia della nostra famiglia molti sono stati fornaciai, ceramisti, proprietari di fornaci, scultori… fino ad arrivare a Guido Bitossi senior, che avviò la propria manifattura nel 1921. Mio nonno, Vittoriano Bitossi, scelse questa data come riferimento dell’inizio dell’attività di suo padre.
Com’è cambiato l’approccio creativo e stilistico dell’azienda nel corso del tempo?
All’inizio del secolo la produzione si ispirava alla tradizione locale: dagli Arlecchini al genere figurativo montelupino, alla Raffaellesca, al graffito… Dal 1946 il protagonista, instancabile collaboratore, nonché fautore del cambiamento stilistico nella produzione del dopo guerra, fu Aldo Londi. Ancora oggi Bitossi produce alcune sue icone, come il magico Rimini Blu. Lo sviluppo continuo del processo stilistico e formale è visibile nelle collezioni prodotte dall’azienda. Un mondo fatto di indagine, ricerca e tanta passione per il lavoro che si tramanda da generazioni.
Le collaborazioni ricoprono un ruolo fondamentale nella produzione dagli anni ’50, quando è stato instaurato il primo sodalizio con Ettore Sottsass. Come vengono scelti i creativi con cui portare avanti un dialogo?
L’obiettivo è quello di differenziare la proposta stilistica con nuove collezioni ispirate all’Heritage della manifattura, oggi visibile nell’Archivio Museo Bitossi. Per ogni nuova collaborazione selezioniamo un designer – anche emergente – che sentiamo affine al nostro spirito e che si confronta con l’azienda.
Lo sviluppo continuo del processo stilistico e formale è visibile nelle collezioni prodotte dall’azienda. Un mondo fatto di indagine, ricerca e tanta passione per il lavoro che si tramanda da generazioni.
Come è nata, invece, la tua passione per la ceramica? Pensi che la vicinanza con l’azienda familiare ti abbia influenzata in qualche modo?
Mia madre, Cinzia Bitossi, ha seguito la direzione artistica dell’azienda per molti anni, quindi sicuramente sono stata influenzata e affascinata da questo mondo fin da piccola. Mi è sempre piaciuto ricercare e proporre stili e tendenze. Ho iniziato la mia esperienza con l’altro brand di famiglia, Bitossi Home, legato più all’arredo tavola, fino ad arrivare nella storica impresa Bitossi Ceramiche.
Qual è la parte che preferisci del tuo lavoro di art director per Bitossi? E quella più complessa?
Questo è un mondo molto complesso: devi conoscere il mestiere e le sue peculiarità, le materie, devi entrare nella specifica delle problematiche diverse per ogni progetto. Per arrivare a esserne consapevoli ci vogliono tempo, esperienza e tanta passione. Occorre saper ascoltare sempre tutti, dal dipendente al designer, e metterli in comunicazione. Condividere un progetto, assecondarlo, capirlo. Occorre avere sempre un’amorevole attenzione su tutto ciò che prende vita.
Come descriveresti il tuo approccio personale alla materia ceramica? Che ruolo ricoprono l’arte e il design contemporanei nella tua ricerca?
Il mio approccio alla materia è iniziato anni fa, durante il Master in specializzazione al progetto ceramico che ho svolto presso la University of the Arts-Central Saint Martin di Londra. Da questa esperienza ho maturato una visione più creativa della ceramica, legata sia al progetto industriale che artistico.
A settembre Mutina ha presentato Rombini Vases, una collezione di vasi in ceramica progettati da Ronan ed Erwan Bouroullec e prodotti in collaborazione con Bitossi. Come si è sviluppato il progetto?
Quando ho visto il progetto ne sono rimasta entusiasta. Ronan ed Erwan Bouroullec fanno molta ricerca sulla qualità tattile della materia, oltre che su quella cromatica. Basti pensare alla proposta che hanno realizzato per Bitossi diversi anni fa: Lampalumina. Nel caso di Rombini Vases, la difficoltà era realizzare il contenitore per la parte decorativa esterna, composta dai listelli di Rombini Triangle XS, forniti da Mutina e montati uno ad uno. Bisognava tornire i cilindri a millimetro, assemblare i listelli e bloccarli con una parte superiore. Materiali diversi, fasi diverse… molto complesso.
Ricordi la prima volta che sei entrata in contatto con Mutina? Cosa ti ha colpita di più della nostra azienda?
Ho visitato Mutina all’apertura di MUT. È una società contemporanea e molto dinamica che si è interrogata su aspetti diversi: è galleria, è spazio aperto al dialogo internazionale, è avanguardia ceramica – ma non solo ceramica! –, ricerca applicata in materie diverse. Un’azienda che nasce come produttore di piastrelle, ma che oggi è diventata ben altro.
Se Bitossi non fosse mai esistita, di che cosa pensi ti staresti occupando ora?
Sicuramente lavorerei in un altro settore dove la creatività estetica è importante, in quanto si confà alla mia natura sensibilmente artistica.
Occorre saper ascoltare sempre tutti, dal dipendente al designer, e metterli in comunicazione. Condividere un progetto, assecondarlo, capirlo. Occorre avere sempre un’amorevole attenzione su tutto ciò che prende vita.