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Ph. Piergiorgio Sorgetti
24.03.23

A talk with Michael Anastassiades

Fotografie di Piergiorgio Sorgetti

Siamo felici di annunciare l’ingresso di Michael Anastassiades nel team Mutina, con un’inedita collezione ceramica che verrà presentata durante la Milano Design Week 2023.

Siamo felici di annunciare l’ingresso di Michael Anastassiades nel team Mutina, con un’inedita collezione ceramica che verrà presentata durante la Milano Design Week 2023.

Designer di origini cipriote, Michael Anastassiades ha fondato il suo studio a Londra nel 1994, dopo aver conseguito una laurea in ingegneria civile e un master in design industriale. Nella sua pratica, prodotti di design, interventi spaziali e opere sperimentali vengono spesso sviluppati superando le distinzioni tra diverse sfere creative. Il suo approccio ai materiali è basato su una comunicazione onesta delle loro qualità intrinseche – in linea con la ricerca di Mutina.
Anastassiades ha ideato complementi d’arredo, d’illuminazione e oggetti decorativi dal linguaggio senza tempo, che inglobano riferimenti a Cipro e al Modernismo, alla quotidianità, a esperienze personali e all’arte.

Celebrariamo la sua nuova collaborazione con Mutina con un Talk speciale, in cui ci parla del suo approccio personale e della relazione con la ceramica, come anticipazione della collezione che ha disegnato per Mutina.

A talk with Michael Anastassiades

Come descriveresti il tuo percorso nel mondo del design?

Ho iniziato a interessarmi al design dopo gli studi in ingegneria civile, quando decisi che non volevo proseguire in quell’ambito. Sapevo cosa non mi piaceva ma, al tempo stesso, non sapevo cosa mi piacesse. Iniziai a pensare di esplorare il settore del design, ma fu una grande incognita fin dall’inizio. Lo è tutt’ora, in qualche modo.
Inizialmente ero molto interessato al ruolo degli strumenti elettronici, con un focus particolare sul modo in cui erano capaci di influenzare la nostra vita e i nostri spazi. Telefoni cellulari, nuovi metodi di comunicazione, messaggi… era tutto nuovo all’epoca e il concetto di interattività mi affascinava moltissimo. Volevo approfondirlo, quindi iniziare a utilizzare il design come strumento di ricerca. Mi ponevo delle domande, più che scrivere delle risposte.
Credo di aver iniziato a mettere in discussione il mio ruolo di designer e la mia relazione con la produzione industriale circa 15 o 20 anni dopo. Credo sia stato un passaggio interessante ed è quello di cui mi occupo anche oggi.

Cosa ti piace di più del tuo lavoro?

Mi piace l’imprevedibilità di quello che ti aspetta dietro l’angolo. Se penso alla mia carriera come designer, è sempre stata inaspettata. Ho scoperto tante cose provandole, per poi realizzare che non volevo farle. Volevo anche ridefinire quelle che mi piacevano. È stata una continua espansione e, allo stesso tempo, un processo di restringimento. È così che descrivo il mio lavoro.

In base alla tua esperienza, cosa rende un oggetto senza tempo?

Innanzitutto, si tratta di distillare il linguaggio visuale del prodotto e ridurre le informazioni che porta con sé. È quasi come se l’oggetto cessasse di esistere, qualora venisse rimosso un altro livello di informazioni. Questo processo rende il prodotto e il suo messaggio ancora più forti, permettendogli di sopravvivere nel tempo.
Un altro elemento è la familiarità. Nel mondo del design, alle persone piace spesso sconvolgere il pubblico introducendo qualcosa di diverso e inaspettato, rivendicando riconoscimento per aver portato una nuova idea. Ma tutte le idee sono già esistite in passato, per poi riapparire in forme diversi nel corso della storia. Credo che nessuno abbia il diritto di dichiararsi proprietario di una “nuova” idea. Non c’è niente di sbagliato nella familiarità. Le persone si sentono a proprio agio di fronte a qualcosa con cui possono già avere un dialogo.

Passando alla tua collaborazione con Mutina, hai progettato una nuova collezione che verrà presentata in occasione della Milano Design Week: Fringe. Era la prima volta che lavoravi con una superficie ceramica?

Sì. Sono sempre stato un grande fan di questo materiale, ma è la prima volta che lavoro con una superficie ceramica.

Come descriveresti il tuo approccio a un materiale primordiale come la ceramica?

È un gioco. Non ho mai potuto esplorare la ceramica prima d’ora, ma la mia filosofia di lavoro è strutturata sui materiali e la loro onesta comunicazione: voglio che i metalli siano metalli, che il legno sia legno… quindi è stato emozionante avere questa opportunità. Il contatto fisico con una superficie è qualcosa di travolgente. È davvero emozionante.

Com’è stato lavorare a questo nuovo progetto con Mutina? Come sei entrato in contatto con l’azienda e come si è sviluppato il rapporto?

Ci siamo incontrati in modo informale in diverse occasioni, senza pensare o parlare immediatamente del progetto. Si trattava piuttosto di conoscere Mutina in quanto brand e pensare al mio possibile contributo. Ci sono voluti un paio d’anni prima che decidessimo che era il momento giusto per creare qualcosa insieme. È stato meglio così. È stato durante il Covid che mi hanno chiesto di pensare a qualcosa e in quel momento ho iniziato a lavorare su una proposta.

Con Mutina, ruota tutto intorno alle relazioni. Solitamente, una collezione nasce attraverso tanto lavoro, dialogo e scambi reciproci. Come si è sviluppata Fringe?

Nel nostro caso, è andata in modo un po’ diverso. È successo in modo molto organico. Quando incontrai Massimo e Giuliana, esprimemmo interesse nel lavorare insieme, ma senza definire quando o come. Un giorno mostrai qualcosa che mi piaceva, a titolo di esempio, ed entrambi realizzammo che aveva un enorme potenziale per diventare una collezione Mutina. Da lì in poi, tutto si è evoluto in modo molto organico.

Puoi darci una piccola anticipazione su Fringe? Qual è l’essenza della collezione?

L’essenza consiste nella creatività di dove e come verrà utilizzata, perché ci sono infinite interpretazioni possibili della collezione. La bellezza di Fringe è che può esistere in tanti modi diversi, permettendo all’utente finale di giocare con la creatività. Quello che mostreremo alla Milano Design Week è solo una piccola parte: stimolare l’immaginazione e la curiosità delle persone è il punto di partenza.

“Ci siamo incontrati in modo informale in diverse occasioni, senza pensare o parlare immediatamente del progetto. Si trattava piuttosto di conoscere Mutina in quanto brand e pensare al mio possibile contributo. Ci sono voluti un paio d’anni prima che decidessimo che era il momento giusto per creare qualcosa insieme. È stato meglio così”.
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