Quadriennale di Roma: a talk with Sarah Cosulich
Il suo ultimo incarico, prima di venire chiamata a curare la Quadriennale d’arte 2020 insieme a Stefano Collicelli Cagol, è stato alla direzione di Artissima. In che modo l’ha influenzata e cosa ha portato con sé da questa precedente esperienza?
Sento di aver vissuto l’intero ventaglio di esperienze all’interno del mondo dell’arte... Venendo dalla curatela, dirigere una fiera come Artissima è stata una sfida. Lì mi è mancato lo stretto contatto con gli artisti, ma ho imparato molto a livello di visione e strategia. Ho capito ancora di più l’importanza dell’identità di un progetto, di analizzare il contesto e riconoscerne la sua specificità: che sia una città, un luogo, un programma o una missione. In Quadriennale mi è servito per pensare a come contribuire in modo propositivo alla promozione dell’arte italiana, partendo dai giovani, dalla costruzione di iniziative di dialogo e scambio, fino alla conoscenza all’estero.
Quest’anno la Quadriennale di Roma è giunta alla sua diciassettesima edizione. Com’è cambiata la manifestazione e quali obiettivi si pone oggi?
La Quadriennale è una mostra storica con un passato importante, la prima ebbe luogo nel 1931. Per diversi anni ci furono edizioni memorabili alla cui realizzazione contribuivano artisti ma anche architetti che progettavano bellissimi allestimenti e display. Tradizionalmente, è sempre stata una rassegna con tanti curatori o commissari e centinaia di partecipanti che presentavano soprattutto opere singole. Con il tempo si è evoluta e, in particolare quest’anno, con Stefano abbiamo voluto ripensarla anche nella sua possibilità di rappresentare al meglio gli artisti. Dopo un lungo lavoro di ricerca che ha compreso anche altre iniziative parallele, abbiamo selezionato un numero minore di artisti – sono 43 – con il desiderio di farne emergere al meglio la poetica, attraverso sale monografiche, nuovi progetti o specifici dialoghi tra loro. Pensiamo che sia un metodo capace di restituire visibilità all’arte italiana e portare la Quadriennale ad avere maggiore riscontro internazionale.
Il titolo, FUORI, è un invito ad assumere uno sguardo e una posizione anticonformisti. Quali sono, quindi, i valori su cui si basa questa nuova edizione e in che modo questo incoraggiamento a uscire dagli schemi si riflette sul programma della fiera?
Fuori di testa, fuori luogo, fuori gioco, l’arte ha il compito di ripensarci anche obliquamente rispetto alla realtà e i grandi artisti hanno saputo farlo uscendo appunto dagli schemi. Molte figure di artisti pionieri in Italia non sono stati riconosciuti subito proprio per la loro non appartenenza alle categorie… di genere, di medium, di disciplina. In mostra abbiamo guardato a loro, a chi lavorava ai confini tra arti visive e teatro, musica, danza, cinema, design ma anche al rapporto con il progetto, con il glam, con il desiderio inteso come l’ossessione dell’artista e come pulsione erotica nella creazione dell’opera. Ci sono approcci femministi ma anche femminili e queer, proprio per evidenziare anche l’influenza dell’identità sugli immaginari.
Come si è svolta la selezione degli artisti partecipanti? Quali sono stati i criteri decisivi?
Ricerca, incontri, studio visits, i workshop di Q-Rated in Italia e l’attività di Q-International all’estero sono stati fondamentale nutrimento per questa mostra. Il nostro è un progetto curato che ambisce a creare un percorso per il visitatore attraverso una nuova possibile lettura dell’arte italiana. Abbiamo selezionato alcuni pionieri meno conosciuti (o riconosciuti) e una maggior parte di giovani artisti, per raccontare una visione che riteniamo fondamentale al di fuori del canone. Pensiamo ci sia spazio per aprirsi ad approcci artistici del passato che possano creare un contesto diverso anche per la lettura della contemporaneità e per diffondere un’immagine dell’arte italiana più multidisciplinare, femminile o inclinata.
Fuori di testa, fuori luogo, fuori gioco, l’arte ha il compito di ripensarci anche obliquamente rispetto alla realtà e i grandi artisti hanno saputo farlo uscendo appunto dagli schemi.
In che cosa consistono il progetto Q-Rated e le sue varie declinazioni?
I workshop di Q-Rated ci hanno fatto scoprire che in Italia ci sono tanti giovani – artisti e curatori – interessanti, intelligenti, colti, curiosi e intraprendenti, che beneficiano di uno scambio costante e dalla creazione di un senso di comunità. Ci ha dato molta soddisfazione relazionarci con loro, conoscerli, farli conoscere a importanti colleghi internazionali, raccoglierne i portfolio per diffonderli, ma anche assistere alle connessioni che loro stessi stabilivano e ai progetti futuri che sfoceranno da questo dialogo.
Quali sono i punti di forza del lavoro dei giovani artisti contemporanei italiani e per quale motivo, secondo la sua esperienza, fanno ancora fatica a emergere nel panorama nazionale?
Il concetto stesso di nazionalità è da approcciare con uno sguardo nuovo. In Italia vivono artisti stranieri che sono italiani, molti italiani si spostano o vivono all’estero, ci sono italiani figli di immigrati, l’italianità non è più cosi schematica. Preferisco considerare gli immaginari che caratterizzano la generazione dei giovani, che spesso a noi curatori sono sembrati influenzati da tendenze simili: l’annullamento del tempo a favore di mondi che uniscono passato e futuro, l’incontro di organico e inorganico, umano e animale, lo spaventoso ma sublime, il concetto dell’indicibile come realtà parallela a quella della tecnologia, esprimibile anche tradizionalmente attraverso la pittura o la scultura. La mostra FUORI li lascerà emergere.
Che cosa vede nel futuro del mondo dell’arte in Italia?
Non ci troviamo in un’epoca facile e sembra molto difficile azzardare previsioni. Il nostro paese, come gli altri, si troverà ad affrontare grandi cambiamenti e problematiche prioritarie. Mi auguro solo che si possa continuare a considerare la cultura come nutrimento fondamentale e fonte di speranza ed energia per il futuro. Per il resto, ognuno può fare la propria parte continuando in modo coerente il proprio lavoro creativo, difendendo l’arte e gli artisti con visione, tenacia e coerenza.
Il concetto stesso di nazionalità è da approcciare con uno sguardo nuovo. In Italia vivono artisti stranieri che sono italiani, molti italiani si spostano o vivono all’estero, ci sono italiani figli di immigrati, l’italianità non è più cosi schematica.